Già alla fine del XVIII secolo, il dibattito scientifico che dette vita alla disciplina psichiatrica tenne in considerazione le peculiarità terapeutiche e riabilitative delle attività agricole. Da un lato il lavoro agricolo venne considerato “una sorta di contrappeso agli smarrimenti dello spirito, per l’attrattiva e il fascino che la coltivazione nei campi ispirava, per l’istinto naturale che portava l’uomo a fecondare la terra e a provvedere in tal modo ai propri bisogni con il frutto del proprio lavoro”. Dall’altro si prese coscienza che il disagio mentale era spesso provocato dal passaggio repentino a modelli di vita urbana ed al lavoro industriale: si tentò così di rimediare attingendo proprio alle risorse del mondo rurale, e fu così istituita l’ergoterapia.
Anche San Salvi ebbe una fiorente colonia agricola, come documentato nelle belle foto dell’Archivio Alinari. Venne costituita nel 1907 su sollecitazione del Direttore del Manicomio Eugenio Tanzi. In origine, infatti, il nosocomio disponeva solo di una stalla per mucche e cavalli, di un “casotto” per le galline e nel 1905 era stata aggiunta una vaccheria per la produzione del latte.
”…perché il lavoro specialmente all’aria aperta o in locali ariosi e salubri, rallegra i malati di mente, li rende calmi, più tolleranti, più soddisfatti di se stessi. A furia di essere un coefficiente di igiene e di calma, il lavoro diventa anche un mezzo di cura. Nei manicomi dove è organizzato il lavoro la mortalità è più scarsa, la coercizione ridotta ai minimi termini e le guarigioni sono più numerose […]. Forse nella cura delle malattie mentali i rimedi più efficaci sono quelli che non si acquistano in farmacia, tra cui il lavoro, che ha anche il pregio di non recare alcun aggravio al bilancio del manicomio”. (E. Tanzi, Relazione sul manicomio di Firenze, Società Tipografica Fiorentina, Firenze 1903)
La colonia agricola si estendeva fuori dal perimetro attuale dell’area, dove ancora oggi si trova la vecchia fattoria con i lavatoi. Le coltivazioni e gli allevamenti garantivano latte e prodotti freschi per la città-manicomio, grazie al lavoro intenso e gratuito di tanti internati. Solo Basaglia, ben prima del superamento del manicomio, riuscì ad imporre che i ricoverati impegnati nelle colonie agricole lavorassero in cooperativa e ricevessero un adeguato compenso.
Tutto ciò terminò di colpo nel novembre del 1966, a causa dell’alluvione che devastò completamente la colonia agricola sansalvina, causando anche la morte di quasi tutti gli animali. Nello stesso tempo, però, l’allagamento dei campi ridusse l’impeto dell’alluvione nel quartiere, salvando così via del Mezzetta e le strade limitrofe.